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Le bollette del telefono no, ma almeno gli Zerg riuscivo a fermarli

La settimana scorsa raccontavo del mio approdo su Internet, nel '97, grazie a un computer comprato a rate da mia madre e a una connessione a 56K che correva lungo un filo lunghissimo, letteralmente, dalla mia stanza fino al piano di sotto di casa. Scivoliamo ora fino all'inizio del 1999.

È ormai un anno e mezzo che smanetto con un PC tutto mio. E non sono più solo i tempi di Battle Chess e Prince of Persia, e neanche di Screamer: c'è una nuova generazione di giochi pazzeschi che si contende la mia attenzione, in una feroce guerra civile e domestica con la prima PlayStation. La console Sony è alimentata, in casa, da un traffico di scambi di giochi originali seguito da mio fratello. Ma se il giorno è della PlayStation, le sere sono tutte per il mio Pentium II assemblato male, il cui HD continua a popolarsi di giochi. Quelle notti sono degli sparatutto, degli strategici in tempo reale.

Mi collego quando gli altri di casa sono già a dormire, così che a nessuno venga in mente di dover fare una telefonata, e spero che non succeda nulla a qualche parente lontano e anziano nel frattempo. Mi impongo dei limiti orari che non rispetto mai, mentre scarico ROM di vecchi giochi da sala (che così vecchi, ai tempi, non lo erano per niente) per MAME e MP3, e gioco a Quake II, ad Unreal, a StarCraft e Half-Life.Già, Half-Life. È è praticamente impossibile spiegare oggi, a chi non ha vissuto quegli anni, che botta pazzesca ha rappresentato.

La scheda grafica pezzente di capitolato del PC ha ceduto intanto il posto a una Matrox G400, che ha però dei driver terribili, succhia CPU come se non ci fosse un oggi pomeriggio, e verrà a sua volta soppiantata, con i primi guadagni grazie alle recensioni dei giochi, da una fiammante, tamarrissima, bellissima Voodoo 2 con addirittura 8 MB di RAM. Tutta vita.

Il lavoro dei miei sogni, per caso

Perché sì, nel frattempo continuo a mandare in giro le mie recensioni dei videogiochi, e quando me ne viene pubblicata qualcuna, vado tutto tronfio a comprare in edicola una rivista che contiene, da qualche parte, pure il mio nome. Ma le cose avrebbero avuto da questo punto di vista una decisa accelerazione nell'arco di un niente.

Una notte, dopo aver finito di sparare a dei pixel, mi imbatto infatti in una di quelle vecchie pubblicità a rullo che scorrono placide sulle reti private, quando non ci sono gli spot delle hotline con Selen. Storie di pizzerie, sale per cresime, aziende di pulizie e piccoli annunci di lavoro, probabilmente realizzati con il mio vecchio Amiga dal fotografo a cui l'ho venduto anni prima.

Destino vuole che l'occhio mi caschi su un annuncio in particolare: una casa editrice locale cerca un grafico che sappia usare bene Photoshop e una lunga lista di altri programmi di cui non ho mai sentito neanche il nome. Tutto quello che so fare con Photoshop, ai tempi, è colorare male scansioni di fumetti in bianco e nero, ma con grande faccia tosta mando un curriculum e spiego che mi occupo di recensioni di giochini, interessa? Interessa: hanno proprio bisogno di un redattore per la nuova rivista sui videogiochi. Ti andrebbe di provare?, mi chiedono. Nell'arco di un giorno mi ritrovo ad avere un lavoro, dietro casa, senza averlo neanche cercato. Si vede che è una storia di fine secolo scorso, sì?

Inizia così la mia trafila sulle riviste di giochi, partendo da un magazine terribile, Computer Games Magazine, tradotto dall'omonima rivista USA che si occupava solo di cose da videogiocatori anziani, tipo gli strategici a turni play-by-mail. Roba emozionante quanto veder crescere un albero in tempo reale. Ma sono anni di grandi risate, di scherzi feroci in redazione, perché siamo una banda di ventenni e la vita non ci ha ancora spezzato in due o in tre.

OH-OH! Gli anni di Napster e ICQ

E mentre cerco con gli altri di far virare la rivista e il suo sito verso qualcosa di più interessante, come gli FPS, cazzarola, tento anche di metabolizzare la meraviglia di una connessione veloce e gratuita per otto ore al giorno. Shawn Fanning e Sean Parker hanno appena lanciato Napster, e il loro programma P2P rivoluziona la scena e cambia le abitudini nell'ascolto della musica di mezzo pianeta. In redazione partono sfide infinite sui brani impossibili da trovare, che non sono quasi mai impossibili davvero. Sono gli anni pre-11 settembre, tutto sembra andare verso un futuro tecnologico e glorioso, il mondo sembra ancora un posto mediamente felice.

L'altro tormentone è ovviamente ICQ. Il WhatsApp dell'epoca, il mezzo per rimorchiare in Rete preferito dai giovani del '99, l'ideale per ritrovarsi una semifidanzataperfinta russa, o generare equivoci IRL pazzeschi. Credo ci sia ancora una grossa fetta di ex ragazzi in grado di provare un sussulto nel sentire l'OH-OH! che segnalava l'arrivo di un nuovo messaggio su ICQ.

Nel frattempo, mi avventuro finalmente nel mondo dei Mac, su quei giocattolosi iMac G3 traslucidi e colorati, così dannatamente anni 90, e per osmosi apprendo dai colleghi della grafica come funzionano davvero Photoshop e software come QuarkXPress (e poi InDesign). Per fare al meglio quel lavoro lì, leggo tutte le riviste di giochi che escono in Italia e compro pacchi di magazine USA e UK. Ma con quel lavoro arriva presto anche l'altra metà del sogno che avevo da moccioso. Non solo scrivere di videogiochi, sulle riviste di videogiochi, ma andare in giro per fiere, press tour ed eventi legati a quel mondo.

Stavo per conoscere i miti della mia adolescenza, i cui nomi avevo letto per anni sulle pagine di riviste come Zzap!, TGM, K, Game Power, C+VG, e per vivere i miei primi, faraonici viaggi all'estero per lavoro. Lavoro con grosse virgolette, prima e dopo. Ma di questo parliamo la prossima settimana...

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Quando Internet sembrava ancora il futuro, perché lo era – Parte 2

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